ECCO COME VENGONO SMALTITI I DISPOSITIVI ELETTRONICI CHE BUTTIAMO VIA


Li buttiamo perché obsoleti o non più funzionanti, ma dove finiscono smartphone, tablet e Pc?

Siamo nell’era della tecnologia. Sembra non sia possibile farne a meno. Infatti al primo malfunzionamento corriamo in un centro commerciale o sul Web per acquistarne uno nuovo, meglio se più performante. Ma che fine fanno i dispositivi che noi consideriamo obsoleti e che non usiamo più? Ora lo sappiamo.

Il cimitero della e-waste (spazzatura elettronica) è in Ghana, e precisamente ad Agbogbloshie. Chi ha avuto modo di vedere le discariche è rimasto senza parole, perché benché per i locali che vi lavorano sia questa una delle poche opportunità economiche per sopravvivere, la realtà dei fatti è che i rifiuti vengono “smaltiti” senza alcun tipo di tutela per la salute e per l’ambiente. Uno sconfinato cantiere a cielo aperto, sulla laguna di Korle, dove gli operai maneggiano sostanze altamente tossiche senza utilizzare alcun tipo di dispositivo di protezione individuale (DPI). Le associazioni ambientaliste stimano che ad Agbogbloshie arrivino annualmente oltre 250 milioni di tonnellate di e-waste, provenienti per l’85 per cento dal Vecchio Continente (attraverso circuiti per lo più illegali).

Come è stato possibile tutto ciò? Fatta la legge, trovato l’inganno. Basta dichiarare quei rifiuti come riparabili e il gioco, anzi il danno, è fatto. Così migliaia di disperati tentano di recuperare i metalli preziosi (rame, nichel, piombo, manganese, cromo, titanio, tungsteno, argento, oro, palladio, alluminio, bario, boro, berillio e cobalto) per poco meno di 4 dollari al giorno. Per farlo bruciano montagne di plastica isolante, e spaccano con pietre e martelli i vecchi apparecchi elettronici.

L’aria, avvelenata dai fumi neri e densi della gomma incenerita, provoca nei lavoratori e anche nei residenti della zona gravi problemi di salute. Tanti lamentano dolori al petto e agli arti, e disturbi allo stomaco e al fegato. Altri hanno sviluppato malattie respiratorie e della pelle più o meno gravi, come anche problemi cardiovascolari e disturbi al sistema endocrino: inutile dire che in tutta la città il rischio cancro è qualcosa di più di un semplice “rischio”.

Eppure la manovalanza non manca. Nella città arrivano lavoratori da tutto il Paese. C’è chi si trasferisce con la speranza di guadagnare i soldi necessari al sostentamento della propria famiglia, ma nella maggior parte dei casi il sogno diventa incubo: molti dei ragazzi emigrati si ammalano e non fanno più ritorno al proprio villaggio natale.

Nei fumi sono presenti elevate concentrazioni di diossine, litio, cadmio, cromo, piombo e mercurio. Queste sostanze finiscono inevitabilmente per contaminare tutto, anche l’acqua e il cibo: in un solo uovo di gallina allevata nel circondario della discarica ci sarebbero 220 volte più diossine clorurate e quattro volte più bifenili policlorurati rispetto alla quantità massima ammessa dall’European Food Safety Authority.

Fonte: Tiscali Ambiente

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